La resilienza comporta un prezzo da pagare:
non è vero che le persone resilienti sono felici.
La resilienza non ha nulla a che vedere
con l’invulnerabilità
o con il successo sociale:
essa presuppone di morire
in un primo momento,
affrontare le prove prima di superarle
e solo in seguito uscirne rinforzati.
[Sbattella e Tettamanzi]
OLIMPYUS, al contrario di quello che potrebbe apparire a prima vista, non è un progetto finalizzato all’utilizzo dello sport paralimpico misto come vettore per favorire l’integrazione degli alunni con disabilità psicomotorie all’interno
della comunità scolastica.
Al contrario, è una vision socioeconomica, il cui scopo è quello di fornire salde radici ad un processo di miglioramento qualitativo del benessere socioeconomico di una società – locale o globale che sia – e della sua sostenibilità etica
(ambientale, sociale e umanistica), grazie all’impatto educativo che può avere sulle NEXT GEN di cittadini la
resilienza e
l’antifragilità [*] che provengono dai campioni paraolimpici.
Il principio che sottintende il progetto OLIMPYUS, quindi, è quello per cui non sono gli alunni con difficoltà psicomotorie a dover essere integrati nella comunità dei c.d. “normodotati” ma, al contrario, sono questi ultimi che possono trovare coraggio e motivazione nell’affrontare le difficoltà e i cambiamenti dall’esempio di chi intraprende la competizione degli sport paraolimpici.
Resilienza e anti-fragilità, infatti, sono le soft-skill divenute strategiche a fronte di uno scenario futuro globale che si preannuncia carico di incertezze e continui cambi di rotta, che potrebbero portare lo stesso genere umano a una
sua autodistruzione: pandemie, crisi ambientali e umanitarie, diseguaglianze socioeconomiche, cybercrime e post-umanesimo.
Per garantire una nuova generazione di cittadini europei pienamente consapevoli delle proprie capacità di poter affrontare con equilibrio le sfide provenienti dalle incertezze che il futuro riserva, come anche di “nutrire” una generazione
di Leader in grado di guidare le proprie comunità al di fuori delle rotte perverse verso cui si stanno indirizzando, è fondamentale che, sin dai primi passi del loro percorso educativo, essi crescano in un ambiente scolastico che li
formi “antropologicamente” alla resilienza e alla antifragilità.
Che li orienti verso le motivazioni personali e sociali, come anche verso la consapevolezza delle proprie e delle altrui “fragilità”, senza che queste ultime però ne determino un atteggiamento remissivo ma, al contrario, uno di “sfida”
per il loro superamento e di umiltà nell’affrontare il percorso (il successo viene dopo molte cadute).
Per educare questa nuova generazione di cittadini europei, però, non è più sufficiente il solo lato concettuale all’interno della scuola[**] , fatto di libri e maestri: è altresì fondamentale anche un percorso di crescita costruito sul
pragmatismo, fatto di convivenza e competizione con gli altri e con sé stessi, di accettazione serena delle sconfitte e la necessaria capacità di rialzarsi, all’interno di un sistema di regole che va rispettato, ma sempre con occhio
critico in relazione alle barriere che esse stesse possono creare. Crescere e forgiarsi nel milieu della resilienza – sopravvivere ai cambiamenti – e dell’antifragilità – motivazione al cambiamento; abbandonare la “comfort zone” – è
possibile non solo se si viene formati, ma anche se messi nelle condizioni di fatto per attuare i principi acquisiti.
Facendoli interiorizzare non come “competenza” ma come “consapevolezza”, elaborandoli cioè non come “conoscenza” ma come “ethos”, termine greco da cui deriva la parola moderna “etica”, intesa come la “teoria del vivere”. Da questa esigenza
nasce l’idea del progetto OLIMPYUS.
Creare nella comunità scolastica un percorso educativo alla resilienza antifragile non con i classici canoni della trasmissione orale o multimediale, ma con il sempre valido metodo del Learning by Doing, ossia utilizzando come laboratorio gli sport paraolimpici, con particolare attenzione a quelli misti come, in particolare, il BASKIN e il SITTING VOLLEY.