Investire nelle istituzioni scolastiche come incubatori di start-up educative

Il progetto OLIMPYUS è sostenuto economicamente e organizzativamenteda
“Piazza Copernico” e “Conformity” con il loro “Programma per il Sociale”

Schema di sintesi del progetto OLIMPYUS

Cambio di scopo delle istituzioni scolastiche per equilibrare lo sbilanciamento dell’“istruzione” con quello dell’“educazione”, quest’ultima mirata alla valorizzazione della resilienza antifragile delle nuove generazioni di cittadini UE.

Sport paraolimpici e paraolimpici misti come strumento empirico per l’attuazione del percorso educativo alla resilienza antifragile, tramite la competizione sportiva e l’integrazione

Rete territoriale delle istituzioni scolastiche (incubatori) che favoriscono la creazione di percorsi extrascolastici e non mirati al paradigma educativo della resilienza antifragile e della cittadinanza attiva per le nuove generazioni di cittadini UE tramite lo strumento degli sport paraolimpici e paraolimpici misti.

Associazioni del terzo settore (A.T.S.) e associazioni sportive dilettantistiche (AD) che sviluppano e realizzano il percorso educativo innovativo negli incubatori scolastici territoriali tramite gli sport paraolimpici e paraolimpici misti.

Soggetti privati (Social Angels) o aziende (Business Angels) che collettivamente investono nella creazione di start-up educative negli incubatori scolastici territoriali per coltivare i talenti delle nuove generazioni in termini di leadership etica e condivisa, ossia il valore aggiunto di un capitale umano che sia in grado di produrre “visione”.

La resilienza comporta un prezzo da pagare:
non è vero che le persone resilienti sono felici.
La resilienza non ha nulla a che vedere
con l’invulnerabilità
o con il successo sociale:
essa presuppone di morire
in un primo momento,
affrontare le prove prima di superarle
e solo in seguito uscirne rinforzati.

[Sbattella e Tettamanzi]


OLIMPYUS, al contrario di quello che potrebbe apparire a prima vista, non è un progetto finalizzato all’utilizzo dello sport paralimpico misto come vettore per favorire l’integrazione degli alunni con disabilità psicomotorie all’interno della comunità scolastica.

Al contrario, è una vision socioeconomica, il cui scopo è quello di fornire salde radici ad un processo di miglioramento qualitativo del benessere socioeconomico di una società – locale o globale che sia – e della sua sostenibilità etica (ambientale, sociale e umanistica), grazie all’impatto educativo che può avere sulle NEXT GEN di cittadini la resilienza e l’antifragilità [*] che provengono dai campioni paraolimpici.

Il principio che sottintende il progetto OLIMPYUS, quindi, è quello per cui non sono gli alunni con difficoltà psicomotorie a dover essere integrati nella comunità dei c.d. “normodotati” ma, al contrario, sono questi ultimi che possono trovare coraggio e motivazione nell’affrontare le difficoltà e i cambiamenti dall’esempio di chi intraprende la competizione degli sport paraolimpici.

Resilienza e anti-fragilità, infatti, sono le soft-skill divenute strategiche a fronte di uno scenario futuro globale che si preannuncia carico di incertezze e continui cambi di rotta, che potrebbero portare lo stesso genere umano a una sua autodistruzione: pandemie, crisi ambientali e umanitarie, diseguaglianze socioeconomiche, cybercrime e post-umanesimo.

Per garantire una nuova generazione di cittadini europei pienamente consapevoli delle proprie capacità di poter affrontare con equilibrio le sfide provenienti dalle incertezze che il futuro riserva, come anche di “nutrire” una generazione di Leader in grado di guidare le proprie comunità al di fuori delle rotte perverse verso cui si stanno indirizzando, è fondamentale che, sin dai primi passi del loro percorso educativo, essi crescano in un ambiente scolastico che li formi “antropologicamente” alla resilienza e alla antifragilità.

Che li orienti verso le motivazioni personali e sociali, come anche verso la consapevolezza delle proprie e delle altrui “fragilità”, senza che queste ultime però ne determino un atteggiamento remissivo ma, al contrario, uno di “sfida” per il loro superamento e di umiltà nell’affrontare il percorso (il successo viene dopo molte cadute).

Per educare questa nuova generazione di cittadini europei, però, non è più sufficiente il solo lato concettuale all’interno della scuola[**] , fatto di libri e maestri: è altresì fondamentale anche un percorso di crescita costruito sul pragmatismo, fatto di convivenza e competizione con gli altri e con sé stessi, di accettazione serena delle sconfitte e la necessaria capacità di rialzarsi, all’interno di un sistema di regole che va rispettato, ma sempre con occhio critico in relazione alle barriere che esse stesse possono creare. Crescere e forgiarsi nel milieu della resilienza – sopravvivere ai cambiamenti – e dell’antifragilità – motivazione al cambiamento; abbandonare la “comfort zone” – è possibile non solo se si viene formati, ma anche se messi nelle condizioni di fatto per attuare i principi acquisiti.

Facendoli interiorizzare non come “competenza” ma come “consapevolezza”, elaborandoli cioè non come “conoscenza” ma come “ethos”, termine greco da cui deriva la parola moderna “etica”, intesa come la “teoria del vivere”. Da questa esigenza nasce l’idea del progetto OLIMPYUS.

Creare nella comunità scolastica un percorso educativo alla resilienza antifragile non con i classici canoni della trasmissione orale o multimediale, ma con il sempre valido metodo del Learning by Doing, ossia utilizzando come laboratorio gli sport paraolimpici, con particolare attenzione a quelli misti come, in particolare, il BASKIN e il SITTING VOLLEY.

[*]Taleb N. N. (2013), “Antifragile”, Il Saggiatore, Milano.

[**]Dove il concetto di insufficienza si applica, brutalmente, anche al numero di ore effettivamente dedicate all’educazione all’interno dei sistemi scolastici (ad oggi sono prevalenti i concetti di formazione e istruzione), e alla mancanza di un approccio interdisciplinare che faccia della resilienza e della determinazione vettori trasversali in tutte le discipline.

Il Pilota di una nave in tempesta
ha dentro di sé due persone:
Il passeggero,
che se la fa sotto dalla paura,
E il Pilota stesso,
che non può avere paura
nemmeno un istante.

[Seneca]


La scelta di OLIMPYUS di privilegiare il Baskin e il Sitting Volley deriva dal fatto che, al contrario di quanto avviene per gli sport paraolimpici, non sono competizioni riservate ai soli atleti con disabilità psicomotorie, ma squadre aperte a tutti e in cui, grazie ad alcuni accorgimenti organizzativi sulle modalità di svolgimento, tutti i potenziali campioni vengono “livellati” dal punto di vista psico-fisico, permettendo quindi una competizione “peer-to-peer”.

Non è però solo la pratica sportiva l’obiettivo del progetto OLIMPYUS, ma il percorso educativo per le NEXT GEN mirato alla resilienza antifragile.

Che a sua volta sottintende due precise strategie di risultato.

La prima ha come scopo endogeno quello di superare l’archetipo tradizionale della risposta pietistica e assistenzialistica a fronte di un deficit psico-motorio, della persona.

Il fine è quello di riposizionare l’attenzione, e quindi la percezione condivisa del senso comune, dal concetto di “disabile” a quello di “atleta”, di potenziale “campione”, in grado di superare sia i propri ostacoli che quelli della competizione sportiva.

Il cambio di prospettiva a cui il progetto mira presuppone un duro “allenamento”, sia della persona che della comunità in cui vive, votato ad ottenere i risultati sportivi (e personali) attraverso due pilastri ben delineati: l’integrazione e il ritorno socioeconomico.

L’integrazione, dal punto di vista della persona, è lo sforzo necessario, oltre a quello fisico, di farsi percepire come un “atleta” e, nel futuro, come un “campione”. In grado cioè di far scatenare nei membri della comunità in cui vive la stessa passione normalmente rivolta ai beniamini tradizionali della propria squadra o della disciplina sportiva a cui sono più legati.

Farsi amare ed essere al centro dell’attenzione né più né meno come lo furono figure leggendarie dello sport o come lo possono essere quelli di oggi, al pari di nomi ormai arcinoti come Alex Zanardi o Bebe Vio.

Ciò porterebbe, di conseguenza, a un diverso livello di integrazione all’interno della propria comunità e non solo: quello socioeconomico.

Un atleta, un campione sportivo, muove l’economia di sistema e quella locale, porta occupazione e valore aggiunto, visibilità del brand e marketing sui social. Formare un campione, di conseguenza, non è solo un investimento culturale nel capitale umano ma, di fatto, un investimento economico ad alto indice di impatto, come confermato dai dati macroeconomici globali: investire nello sport vuol dire puntare su uno dei settori dove il fatturato e la redditività sono maggiori di quelli dei settori tradizionali come le risorse energetiche o la manifattura industriale.

È opportuno sottolineare con particolare enfasi il concetto di valore economico del pilastro endogeno dell’investimento sul capitale umano.

Una persona con disabilità psicomotorie, gestito secondo la logica tradizionale dell’assistenzialismo è un costo per la collettività: formare un atleta, un campione, è un valore aggiunto economicamente significativo per la comunità locale e l’intero sistema sociale.

Soprattutto poi se questa tipologia di investimenti viene effettuata in aree urbane o territori dove la criminalità organizzata è la “comunità in cui si vive e che dà da vivere”, senza sbocco alcuno per i sogni delle giovani generazioni, se non la bara per molti e la ricchezza per pochi.

La seconda strategia di risultato è quella legata alla valorizzazione antifragile del capitale umano, ossia della NEXT GEN di cittadini europei in un mondo globalizzato e per cui è fondamentale essere in grado di “governare” l’incertezza.

Non più, quindi, una mera strategia di “sopravvivenza”, ma un vero e proprio ethos quotidiano nell’addomesticarla per i fini che sono della propria e altrui prosperità: sostenibilità, eticità, equità.

Ecco quindi che, se sin da piccoli si viene educati, tramite il Baskin e il Sittin Volley, a realizzare i risultati nonostante la costante presenza di shock, limiti e incertezze, diviene possibile nel tempo “nutrire” e “far crescere” una cittadinanza “consapevole”.

Anche in questo caso, come per il risultato socioeconomico (prima strategia di risultato), è importantissimo sottolineare con enfasi il valore etico (ethos) insito nell’utilizzare gli sport paraolimpici come vettore didattico per la preparazione di una NEXT GEN già addestrata alla resilienza e alla antifragilità [*].

Se oggi siamo arrivati a prospettare ai nostri figli un futuro estremamente incerto e potenzialmente disastroso – crisi ambientali, pandemie, diseguaglianze socioeconomiche – la responsabilità è soprattutto delle precedenti generazioni di leaders, sia politici che socioeconomici, non in grado di comprendere il gap intergenerazionale che le scelte portate avanti stavano man mano creando.

Sino a creare un debito monstre, non solo economico, sin da subito sulle spalle delle nuove generazioni, che avranno l’ingrato destino di competere per riparare i disastri che le generazioni precedenti hanno creato, ricucendo gli “strappi” e riorientando le mappe dello sviluppo: come sottolineava Seneca, è importante aver chiaro non solo dove si vuole arrivare, ma come ci si arriva e il prezzo da pagare.

Per ottenere la nuova generazione di cittadini globali non è però sufficiente l’istruzione.

È necessaria l’educazione, al cui interno si colloca, in una logica hessiana[**] , una pedagogia mirata alla resilienza e all’antifragilità, al fine di governare consapevolmente i comportamenti delle nuove generazioni a fronte di un futuro fatto di incertezze, insicurezze e volatilità.

[*]Come sosteneva già John Dewey, una cittadinanza educata, competente e informata è il presupposto di una società aperta e liberale.

[**] Herman Hesse, “Il giuoco delle perle di vetro”.

Nell’attuale sistema scolastico nazionale, l’offerta formativa [1] curricolare, non permette in alcun modo di inserire in modo strutturale un percorso di educazione alla resilienza antifragile tramite la finalizzazione degli sport paraolimpici [2] .

La programmazione delle ore di “ginnastica”[3] , infatti, viene concepita attualmente poco più che come un tempo di “ricreazione”, utile ad allontanare per qualche momento, con le componenti ludiche che lo sport comporta intrinsecamente, le fatiche che la didattica tradizionale possiede e a cui spetta ben altra attenzione: le ore di motoria sono considerate ancillari alle materie primarie, avendo le politiche scolastiche come scopo l’istruzione e non l’educazione.

A questo quadro già di per sé desolante, si aggiunge anche una ulteriore profonda diseguaglianza. Gli alunni con disabilità psicomotorie, purtroppo, vengono, nella maggior parte dei casi, del tutto esentati da questa dimensione educativo-motoria: in pratica sono “parcheggiati” a margine del campo di gioco dei loro compagni di classe, con la complicità degli insegnanti di sostegno. Mentre, invece, è proprio nella didattica sportiva che potrebbero trovare importanti stimoli per la crescita e la migliore integrazione.

Integrazione migliore proprio perché è mediante l’uso dello sport[4] come vettore di resilienza antifragile che si potrebbe ottenere un rovesciamento radicale della relazione tradizionalmente utilizzata verso il mondo delle persone disabili.

Queste ultime, infatti, possono essere categorizzate non più come “soggetti bisognosi di assistenza e cura”, ma come soggetti attivi importanti (atleti/campioni) dai quali mutuare – per noi stessi e per gli alunni tutti – le capacità di comprendere le nostre fragilità personali e, di conseguenza, individuare le possibili risposte resilienti e positive; al pari di quelle delle persone con disabilità psicomotorie sanno realizzare con il loro impegno nella competizione sportiva paralimpica.

Apprendere ad affrontate i propri limiti e le proprie fragilità senza esserne sopraffatti, come avviene nello sport paralimpico open, è un percorso di grande importanza per tutti i giovani atleti che ne fanno esperienza, proprio perché coinvolti in un sistema relazionale forte, basato sulla solidarietà delle alleanze e delle vicinanze di cui si nutre il gioco di squadra sportivo.

L’unica strada percorribile fattivamente per realizzare gli obiettivi di OLIMPYUS nelle istituzioni scolastiche, di conseguenza, è quella dei percorsi extracurricolari inquadrati all’interno del patto di comunità.

In pratica, le istituzioni scolastiche, all’interno del quadro dei loro patti di comunità [5] , possono sottoscrivere con le associazioni sportive dilettantistiche (SSD) o le associazioni del terzo settore (ATS), sia di volontariato che sociali, un progetto formativo basato sulla creazione di squadre di Baskin o di Sitting Volley (o di qualunque altro sport paralimpico), coinvolgendo in attività extracurriculari gli alunni di tutta la scuola, i docenti di motoria e gli insegnanti di sostegno, gli alunni con disabilità psicomotorie e le loro famiglie.

Se il progetto dovesse prendere piede e consolidarsi, inoltre, sarà possibile organizzare specifiche competizioni locali tra squadre di diversi istituti, come anche poter inserire le migliori squadre all’interno delle gare nazionali, con relativi eventi cittadini di premiazione e coinvolgimento delle comunità locali.

Tutto quanto prima descritto, sebbene possa apparire entusiasmante e fattibile, si scontra però con due “barriere” di non poco conto:

1. Il nodo dei costi per organizzare il progetto extracurricolare.

Le istituzioni scolastiche, assieme alle ASD e le ATS, dovrebbero essere in grado di poter sopportare le spese [6] per l’uso della palestra [7] , il compenso ai maestri/allenatori [8] , oltre a quelle legate alle attrezzature sportive specifiche per le carrozzine/disabilità e alla dotazione per gli atleti: la maglia della squadra, ad esempio, è elemento psicologico imprescindibile per sentirsi effettivamente un “atleta” e, quindi, sviluppare un reale senso di “competizione” sportiva.


2. La carenza di competenze disciplinari in materia di resilienza antifragile.

Le istituzioni scolastiche, così come le ASD e le ATS, potrebbero essere in grado di finalizzare i loro sforzi all’organizzazione del programma extracurricolare, gestendo e allenando le squadre di Baskin e Sitting Volley ma, difficilmente, al loro interno potranno annoverare un capitale umano specializzato, in grado di formare i giovani atleti sul tema della resilienza antifragile che stanno sperimentando nelle gare sportive paralimpiche.

Paradossalmente, inoltre, proprio le istituzioni scolastiche sono sprovviste – se non in rari e preziosi casi – di personale docente competente in materia, in grado di assumere il ruolo di Mental Coach, e quindi in grado di guidare le nuove generazioni nel divenire consapevoli del valore educativo-sociale dell’esperienza sportiva paralimpica introdotta nel loro percorso curricolare.

A fronte dei due ostacoli prima descritti, i fondatori del progetto OLIMPYUS [9] hanno scelto di tracciare un percorso ben preciso, in grado di superare le difficoltà di realizzazione del progetto educativo, legato ai nodi dei costi e delle competenze.

Nello specifico, infatti, è stato scelto di:

  • Organizzare una strategia di Found Rising strutturata per sostenere economicamente i progetti OLIMPYUS locali, organizzati dalle ASD e ATS nelle istituzioni scolastiche loro partner nel patto di comunità. Utilizzando i vantaggi fiscali [10] che le imprese possono ottenere dalla sponsorizzazione delle ASD, i fondatori del progetto hanno organizzato un portale web dedicato alla promozione dell’iniziativa e all’adesione al progetto OLIMPYUS di quello che verrà d’ora in poi definito come il “Club degli Investitori”.
    Ciò si traduce in pratica in una vera e propria sponsorizzazione di un’associazione sportiva dilettantistica che organizza squadre di Baskin e Sitting Volley all’interno di un programma extracurricolare o un patto di comunità con istituzioni scolastiche locali. In questo modo, l’ASD aderente al progetto e beneficiaria della sponsorizzazione potrà coprire i costi legati alla palestra, agli allenatori e alle dotazioni sportive, consentendo nel tempo la creazione di un rapporto stabile e duraturo con il territorio e i loro protagonisti paraolimpici.
  • Sviluppare una piattaforma di e-Learning sui temi della resilienza antifragile, sfruttando le competenze altamente specialistiche di società come Piazza Copernico [11] , da anni impegnata professionalmente sul tema. La piattaforma avrà, fondamentalmente, due obiettivi:

    a. Implementare un processo stabile e continuo di formazione sul tema per chi ne fosse agli inizi o per chi volesse specializzarsi. In questo modo la piattaforma contribuirebbe ad allargare in modo sempre più ampio il capitale umano educante sui temi della resilienza antifragile e sull’educazione al cambiamento delle nuove generazioni di cittadini.

    b. Fornire alle ASD e alle ATS, come anche alle istituzioni scolastiche che fossero sprovviste di personale educante specializzato, un supporto formativo al loro progetto OLIMPYUS. Ciò permetterebbe comunque l’organizzazione del progetto extracurricolare sportivo paralimpico open, affidando però alla piattaforma di e-Learning il compito di Mental Coaching dei nuovi atleti sportivi, per far acquisire consapevolezza del percorso educativo e formativo intrapreso, del loro orientamento verso la resilienza antifragile.

È ovvio che una piattaforma di e-Learning non può in alcun modo essere equiparata all’apporto di un educatore “in carne e ossa”, ma può divenire fondamentale proprio nel caso di gap culturale, di assenza di competenze specialistiche in ambito locale.

Quanto sopra descritto è il progetto OLIMPYUS nella sua globalità, portato avanti su scala nazionale, il cui obiettivo è quello di sistematizzare il percorso educativo sulla resilienza antifragile, cercando di non organizzare eventi spot autoreferenziali, basati sulla buona volontà di dirigenti/docenti, famiglie/volontari, associazioni sportive/culturali.


[1]È da notare come nei documenti ministeriali venga sempre utilizzato il termine “formazione” nella parte curricolare obbligatoria (offerta formativa), che poi diviene vera e propria “istruzione” quando affronta le discipline STEM. La parte dell’”educazione” (del cittadino; della persona) è fondamentalmente assente nei programmi ufficiali, se non per limitati interventi, ancillari alle discipline classiche.

[2]In verità, non permette nemmeno di potenziare l’integrazione degli alunni con disabilità psicomotorie tramite lo sport: l’unica via possibile accettata dalle istituzioni ministeriali sembra essere quella del c.d. “insegnante di sostegno”.

[3]Oggi, tecnicamente, definita come “motoria”.

[4]In generale e paralimpico in particolare.

[5]Mirati a valorizzare, soprattutto nel pomeriggio, le strutture scolastiche e le reti familiari.

[6]Nel novero dei costi non sono elencati quelli legati agli spostamenti casa-scuola degli alunni con disabilità psicofisiche, puntando al fatto (assolutamente non scontato) che sia le famiglie che le ATS di volontariato svolgano già questo servizio.

I[7]lluminazione, riscaldamento, sorveglianza dei collaboratori scolastici, pulizie e sanificazione, ecc.

[8]O, quantomeno, la copertura delle spese per i docenti di motoria che volessero impegnarsi in un progetto.

[9]La società di e-Learning “Piazza Copernico” e la sua controllata “Conformity”.

[10]Credito d’imposta o detrazione dei costi.

[11]www.piazzacopernico.it

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