Non è un paese per giovani”. La parafrasi del titolo del famoso film dei fratelli Cohen restituisce una visione neorealistica dell’effettivo valore che l’Italia attribuisce alle sue “NextGen”. E su quanto stia davvero investendo su di loro come “capitale umano”; quanto realmente consideri strategico creare le condizioni fattuali perché i talenti possano essere adeguatamente valorizzati, così da contrastare le “fughe di cervelli” e, di converso, incentivare l’attrazione di giovani talenti dal resto del mondo.

Quadro d’insieme reso ancora più drammatico dalla recente statistica ISTAT, che lancia preoccupanti segnali d’allarme non solo perché registra un saldo nascite da tempo negativo, ma soprattutto perché, per la prima volta, in valore assoluto, le nascite si collocano ben al di sotto di quanto accadeva a metà dell’800 durante il periodo dell’Unità d’Italia: meno di 400 mila nati l’anno.

Senza trascurare il doppio orizzonte penalizzante per le nuove generazioni. Non solo siamo di fronte a un vero e proprio “inverno demografico”, ma il futuro stesso delle ormai già scarse nuove risorse viene sempre più pesantemente ipotecato ogni giorno che passa: a partire da un debito statale ormai di livello “monstre” – che dovranno pagare loro – a cui si aggiunge un ulteriore pesante fardello derivante dal tanto declamato PNRR, che altro non è, per la maggior parte, debito che andrà restituito nei prossimi anni.

A tutto ciò si aggiunge il desolante quadro della scuola italiana, quella che dovrebbe essere il faro e la fucina delle nuove generazioni. Da tempo ormai risuonano inascoltate tante grida d’allarme. Sul fatto, ad esempio, che non sia più in grado di far fronte neanche alla mera funzione nozionistica dell’istruzione: l’Italia ha un gap di competenze che, a livello OCSE, ci colloca ben al di sotto della media degli altri paesi per quel che riguarda italiano e matematica. Come anche per l’atavico problema della “dispersione scolastica”: fanno peggio di noi solo Spagna, Malta e Romania. Ma addirittura arriva addirittura ad amplificare le “diseguaglianze educative” degli alunni provenienti da famiglie economicamente disagiate invece di stemperarle (vedi rapporto 2022 di “Secondo Welfare” per ActionAid).

Non meraviglia quindi la consapevolezza condivisa – sia lato religioso che laico/filosofico – che il problema fondamentale per le nuove generazioni sia il nichilismo. Se non si prospetta loro nessun futuro a causa del cambiamento climatico, delle crisi ambientali, della pandemia, delle guerre, dal dominio della tecnologia e delle intelligenze artificiali, perché dovrebbero darsi pena di apprendere o trovare un lavoro se non per mera sopravvivenza? La mancanza di futuro è, indubbiamente, la ragione per cui le “NextGen” sono fortemente demotivate.

Nichilismo generazionale alimentato poi anche dal fenomeno dei social. Ecosistemi digitali in cui i gruppi di appartenenza possono decretare – in millisecondi – la loro popolarità o il loro annientamento. Anche attraverso i nuovi modelli di cyberbullismo, body-shaming o la semplice emarginazione dalle dinamiche sociali perché non si possiede un numero minimo di “follower”.

Quale speranza possiamo dare alle nuove generazioni in questo scenario, quasi apocalittico, di assenza di futuro?

In cui non vale la pena impegnarsi se le energie spese non portano poi ad alcun risultato e, soprattutto, non hanno alcun orizzonte a cui far riferimento?

E da questo scenario di profonda incertezza, sinteticamente prima tinteggiato, che nasce e trova senso l’Associazione Olimpyus e il suo bando 2022, intitolato “Quando meno diventa più”.

L’associazione Olimpyus ha come scopo fondante quello di investire risorse ed energie nelle nuove generazioni, senza le quali un futuro non può esistere di principio.

E per provare a dare senso e motivazione alle nuove generazioni che l’Associazione ha adottato come suo obiettivo strategico quello di ribaltare i paradigmi esistenti e promuovere una nuova forma mentis (il mindset direbbero oggi in rete) prendendo come modello quello degli atleti paralimpici, ossia di coloro che hanno fatto del dramma, dello svantaggio, della diversità un elemento di successo, di prospettiva, di senso.

L’approccio metodologico di Olimpyus è cioè quello di “sfruttare” questa forma mentis paralimpica per dare alle nuove generazioni una bussola per costruire un futuro che ancora non c’è, ma che potrebbe vedere loro stessi nel ruolo di protagonisti sebbene siano dominanti le incertezze, i rischi e i continui cambiamenti.

Bussole non mappe. Perché è impossibile mappare ciò che ancora non esiste. È fondamentale, invece, avere una bussola, che permetta di orientarsi nel continuo mutare delle cose. E che consenta alle nuove generazioni di affrontare i rischi e le incertezze tracciando – di volta in volta – il loro percorso, facendo della navigazione tranquilla dei mari incogniti il loro punto di forza.

Una sorta di antifragilità comportamentale da acquisire progressivamente, allenando il muscolo cerebrale a trasformare in successo una difficoltà, in un punto di forza una debolezza, esattamente come gli atleti paralimpici hanno oramai da tempo appreso.

Sono maestri di grande valenza gli atleti paralimpici. Sono persone che hanno subito un danno, una emarginazione o una perdita. E che hanno visto crollare il loro mondo quotidiano, distrutte le loro aspettative, ridotti al nulla i loro sogni sul futuro e azzerato il senso stesso della loro esistenza. Eppure, sebbene non avessero più futuro, nonostante nulla si prospettasse loro se non una pietistica accoglienza in una comunità emarginante, hanno realizzato una nuova vita, una nuova opportunità.

Lo hanno potuto fare scoprendo a loro volta cosa avessero realizzato chi aveva subito una sorte analoga. Che risultati straordinari avevano raggiunto una Bebe Vio o un Alex Zanardi e i tanti altri pluridecorati campioni paralimpici. Uomini e donne come tutti noi, che hanno iniziato a scoprire un talento, una ricchezza, palesatasi proprio a causa di avversità e malasorte.

Talento compreso solo dopo un evento negativo forse perché, come tutti noi, siamo stati distratti dai tanti segnali disperdenti dell’attuale mondo interconnesso; che prospetta solo vite “standard” felici e un mainstream mai doloroso. E forse tutte queste luci e scintillii hanno impedito di fatto di potersi “sintonizzarsi” sul loro vero talento. Mentre oggi, persa ogni possibilità di vita di successo da “soap opera”, con solo una gamba rimasta e nessun braccio a disposizione, hanno iniziato a concentrarsi su quello che era rimasto e non su quello che avevano perduto. E da lì hanno iniziato a concentrare le loro energie e la loro attenzione nel valorizzare ciò che avevano, senza più distrarsi sulle tante cose effimere che l’attuale scintillante mondo dei corpi e delle vite “perfette” offriva loro.

E così una normale carriera militare, distrutta dalle bombe di un attentato, può trasformare una donna senza più gambe in una campionessa paralimpica mondiale plurimedagliata; un futuro brillante nella finanza, stroncato da una malattia, può trasformare un uomo senza l’uso delle braccia anch’esso in un campione paralimpico pluridecorato e di successo.

Sono tante le storie che rendono questi campioni paralimpici un modello di “maestri di vita” da far conoscere alle nuove generazioni. Storie fatte anche di atleti che non hanno raggiunto la fama mondiale, ma che sono riusciti a trasformare la malattia, la diversità, l’emarginazione in un fattore di successo. Perché grazie alla nuova bussola – fatta di pochi elementi e una diversa forma mentis, – sono riusciti a concentrarsi su quello che avevano e valorizzarlo, divenendo talenti nell’affrontare i rischi, le incertezze e i cambiamenti continui.

Divenendo antifragili nell’affrontare le sconfitte e le difficoltà. Non abbattendosi, non rinunciando, ma trasformandole in una rinascita a nuova vita.

È questo il messaggio fondamentale che l’Associazione Olimpyus vuole trasmettere alle nuove generazioni. Esistono bussole per costruire il proprio futuro e dare senso alla propria esistenza, anche se apparentemente, come recita Vasco Rossi in una sua celeberrima canzone, “un senso non ne ha”.

Ma come comunicare questa prospettiva?

Come indurre al Mental Coaching antifragile paralimpico le nuove generazioni, soprattutto nel cuore del loro sviluppo, ossia nella scuola? Con altri maestri? Con altre lezioni? Con altri progetti?

La risposta è anche. Ma non è la priorità.

Olimpyus porterà avanti anche questa prospettiva di formazione e informazione nella scuola. Ma ancora prima, per dare una più ampia e vasta visibilità al nuovo modello di forma mentis (che non per forza deve trasferirsi in ambito sportivo), è necessario adottare i linguaggi delle nuove generazioni, i loro strumenti, valorizzare la loro creatività e la loro sensibilità emozionale.

Ecco perché nel 2022, dopo lo stop dovuto alla pandemia, iniziamo con il primo CONTEST di produzione di videoclip, intitolato “QUANDO MENO DIVENTA PIÙ”. In cui, in 90 secondi, le nuove generazioni dovranno restituire in video il loro punto di vista sull’antifragilità degli atleti paralimpici.

La scelta del Contest sulla creatività tramite videoclip si basa su tre buoni motivi, fondamentali per i risultati che Olimpyus vuole raggiungere:

  1. Il linguaggio.
  2. La creatività.
  3. I docenti.

IL LINGUAGGIO. Per dialogare con le nuove generazioni è fondamentale adottare i loro linguaggi e i loro format comunicativi. Un videoclip di 90 secondi, da realizzare e condividere su YouTube è, ontologicamente, la summa massima dei loro valori di senso semantico e di comunità. E lo asseriamo rigettando il preconcetto diffuso per cui navigare nei video dei social è un cattivo modo di comunicare, poiché implica superficialità e incapacità di andare a fondo delle questioni. È il mantra dei detrattori del linguaggio giovanile. Ma sol perché non ne comprendono le potenzialità e, soprattutto, non ne governano gli aspetti più complessi che, se giustamente orientati, possono ancora una volta trasformare il “meno in più”. Le motivazioni qualitative della scelta sono nel secondo punto (La creatività). Le motivazioni del linguaggio e dei format dei social (i video) partono dalla necessità di avvicinare le nuove generazioni a un tema e non, come avviene spesso, di farli fuggire spaventati. Se si adottano i loro linguaggi e la condivisione social, le nuove generazioni, in primis, si sentono a loro agio, in un ambiente familiare che ben conoscono. Ma soprattutto lo governano, ne sono padroni, si sentono protagonisti alternativi alle “vecchie” generazioni, finalmente in grado di dare un contributo proattivo e da protagonisti, e non, invece, di subire passivamente quanto viene loro proposto. Solo una volta avvicinati, e solo quando ne sentiranno un consapevole interesse, sarà possibile poi attrarli – e non spingerli – verso nuovi percorsi, linguaggi, format o socializzazioni. Ma lo faranno dopo di loro sponte. Senza forzature, con una bussola che li guidi e un interesse che li attragga: senza i due pilastri – bussola e interesse – nessun progetto può funzionare. Viene poi da sé, senza necessità di ulteriori spiegazioni, il fatto che un canale come YouTube abbia enormi potenzialità per diffondere quanto si andrà a produrre, nel più ampio e vasto dei modi oggi possibile.

LA CREATIVITÀ. Siamo partiti, nel punto precedente, dal rigetto del pensiero dominante per cui il linguaggio video sia “peggiorativo” rispetto alla profondità che può avere quello “scritto”. La dimostrazione dell’assunto è proprio nella creatività. Provare a riassumere in pochi secondi un messaggio su un tema complesso ed esistenziale come quello della forma mentis antifragile degli atleti paralimpici richiede uno sforzo concettuale enorme. Non solo nella stesura della sceneggiatura, dove entra in gioco potentemente la scrittura, senza la quale, contrariamente a quanto ritenuto dai più, il video non può esistere. Ma soprattutto nella capacità di concentrarsi – visto i pochi secondi a disposizione – e individuare il messaggio primario, trovare un format visivo per raccontarlo. E sintetizzare in pochi attimi di registrazione un intero universo di possibilità attraverso cui narrare il senso del proprio messaggio: colori, luci, musica, sonoro, attori, testi, recitazione, montaggio, editing finale. Uno sforzo organizzativo e gestionale di ampissima portata, che costringerà le nuove generazioni a confrontarsi, discutere, proporre, gestire, descrivere, pianificare e, solo in fine, registrare (oltre che poi montare ed editare). Ciò vuol dire che per narrare dovranno prima appropriarsi profondamente del concetto, farlo proprio, sviscerarlo in modo profondo e vasto: solo allora saranno in grado di esprimersi, di proporlo. Lo sforzo non sarà nella produzione, visto che YouTube è il loro mondo è il loro linguaggio, è il loro format. Lo sforzo sarà tutto prima, nel comprendere, divenire consapevoli, essere in grado di narrare le loro emozioni e il loro vissuto. La tecnologia e i social, a questo punto, hanno un ruolo secondario, solo di medium. È la creatività la regina di tutto il processo. La dimensione umana che prevale rispetto a quella tecnologica. Un modo completamente diverso di intendere la didattica e l’educazione.

I DOCENTI. Non si può operare nelle scuole – ma anche nelle associazioni del terzo settore o nelle associazioni sportive dilettantistiche – senza dare ruolo e funzioni ai docenti. Non si può dialogare con le nuove generazioni e proporre loro una nuova forma mentis antifragile dimenticando le loro bussole principali. Altrimenti commetteremmo lo stesso errore che ancora oggi continua a perpetuarsi nelle istituzioni scolastiche. Si spendono milioni di euro in programmi ancillari per i ragazzi – per contrastare il gap educativo o l’abbandono scolastico – per poi però farli rientrare nella normalità della classe (o dell’associazione o del club sportivo), trovandosi quindi di fronte a un docente (assistente o maestro) che non sia consapevole di quanto il ragazzo ha appreso e che, in pratica, nel suo ruolo ordinario, contrasta ampiamente al cambiamento proposto. Sono i docenti il cuore di tutto. Sono loro il pilastro del cambiamento, ciò che rende possibile il far diventare ordinario ciò che è straordinario. Che permette al talento di venire fuori e di far valorizzare la diversità invece di emarginarla. Ed è per questo che il Contest prevede espressamente il loro coinvolgimento nella realizzazione del videoclip. Non solo per questioni legate alla responsabilità o alla privacy. Ma perché sono loro, i docenti, i veri maestri delle nuove generazioni. Sono loro che posso “donare” le bussole e permettere di costruire una direzione che dia senso e speranza ai tanti futuri possibili. E non si può immaginare niente senza i docenti. È la caratteristica primaria di Olimpyus: tutti gli sforzi saranno dedicati ai docenti e non ai ragazzi. Senza di loro il cambiamento è impossibile: troppo forte sarebbe lo stridore tra dove vorremmo portare le nuove generazioni e quello che poi è il loro riferimento primario nella quotidianità dell’insegnamento. Ecco perché i docenti sono fondamentali. Ed è per questo che tutto dovrà ruotare intorno a loro e alla loro saggezza. Non è possibile costruire una casa senza le fondamenta: non reggerebbe. Senza però sovraccaricare i docenti di nuovo lavoro, ma semplicemente rendendo diverso ciò che è ordinario. Come nella vita di un atleta paralimpico: quando il meno diventa più. Meno energia per ottenere più risultati, anche dal punto di vista, pragmatico, dei risultati scolastici (o associativi o sportivi). Se anche il docente adotta la nuova forma mentis antifragile, invoglierà talmente tanto a cambiare i suoi alunni da ritrovarsi con migliori risultati scolastici senza necessità di aumentare i compiti o le ore di lezione da fare. Tutto rimane uguale: varia solo il modo di vedere una stessa cosa, di saperla valorizzare, di apprendere a sfruttare a proprio vantaggio anche lo svantaggio, la difficoltà, il cambiamento, l’incertezza.

 


 

Ecco, quindi, il senso e lo scopo del Contest 2022 “Quando Meno diventa Più”: rendere straordinario l’ordinario, dando senso e futuro alle nuove generazioni grazie a una forma mentis antifragile dello sport paralimpico.

Acquisendo bussole e non mappe.

Costruendo il proprio futuro da protagonisti e non subendolo.

Valorizzando i loro linguaggi, la loro creatività e il faro quotidiano dei docenti, dei volontari e dei maestri sportivi.

Tutto in uno, con meno sforzi, paure e più risultati concreti. Dove anche l’impossibile può accadere!

Partecipate. Inviate i vostri videoclip. Meravigliateci. Sorprendeteci.

Fate ricredere il mondo sui talenti delle nuove generazioni.